L’insostenibile pesantezza dell’essere

Ansia, depressione e spesso violenza tra i banchi di scuola, adolescenza sempre più inquieta.

Atteggiamenti allarmanti

Occhi segnati da occhiaie, musi lunghi, posizioni scorrette sui banchi di scuola, sguardi persi nel vuoto o schivi, desiderio incessante di uscire in bagno, indolenza, esuberanza, bipolarismo in cui si alternano euforia e abbattimento mista ad angoscia e rabbia. Costantemente connessi o connettibili in chat, non resistono alla tentazione di agganciarsi al proprio dispositivo, e quando le misure restrittive glielo impongono, durante la lezione, sono palesi  le crisi di astinenza (insofferenza, ansia, movimenti inconsulti e così via). Questo il quadro che si presenta in una classe media italiana. Se non in tutte, nella maggior parte. La complessità delle singole individualità (che ben venga un’eterogeneità contro l’omologazione) trova un comune denominatore tra i banchi di scuola, dove mentre sono sempre più rare sono le menti limpide, impegnate intellettualmente, capaci di un confronto culturale ideale (socratico direi), aumentano adolescenti problematici.

Necessità di ascolto

Non sono necessariamente bulli o il loro bersaglio: sono solo ragazzi che avvertono un insostenibile peso esistenziale, e non sempre è dovuto agli ormoni in subbuglio. Talvolta i docenti e le famiglie non hanno né gli strumenti né l’attitudine necessaria per leggere tale varietà e avvertire quei segnali di pericolo e di aiuto, interpretabili solo ponendo attenzione alle dinamiche relazionali, ai repentini cambiamenti. Non mancano soluzioni da parte di tuttologi che sparano diagnosi spicciole e gratuite: ciò che emerge potrebbe essere solo la punta dell’ iceberg. Bisognerebbe decidersi a chiacchierare un po’ di più con i nostri ragazzi, mettendo da parte i programmi, creando quel clima di classe nel quale confrontarsi ed esternare le proprie paure, le proprie ansie (scoprendo che sono le paure di tutti, le ansie di ciascuno): creare dunque il luogo dove si può non sentirsi drammaticamente soli.

I casi estremi

Una studentessa mi parlava di una crisi di panico scaturita senza una reale motivazione; un’altra mi si presenta davanti alla cattedra dicendomi non parlo molto perché ho l’ansia; ancora un’altra mi scrive in un compito  ero anoressica ed autolesionista ed ancora avrei voluto farla finita…; e la lista di inquietanti confessioni, a partire dai quattordicenni, continua, e spesso se ne sa poco o nulla. E dopo può succedere di tutto. Dopo si scopre il problema, quando è troppo tardi: disaccordi in famiglia, delusione d’amore, disistima, bullismo e quant’altro. Come se questi fatti fossero altra cosa da noi, e per noi intendo adulti, docenti e genitori.

Il bisogno di nuovi approcci educativi

Qualcuno afferma che si studia poco, c’è troppo permissivismo; altri che il benessere e le tecnologie hanno preso il sopravvento sul cortile e i giochi di strada. Tutti rimpiangono qualcosa del passato, ma la realtà è questa, e non ci sono formule precostituite volte ad assicurare il benessere delle giovani generazioni. Ciò che urge è un approccio ecosistemico, basato sull’ascolto e sulla proposta di sani modelli per formare, educare, fornire gli strumenti della vera battaglia: la vita, in un futuro lavorativo precario, all’insegna di valori incerti.

di Eleonora Vita Esposito

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